Cerchi le parole e non le trovi.
O meglio te ne vengono su certe di preconfezionate, ovvie. Serie si, ma ritrite che non suscitano granché, che se vuoi fermarle sulla carta a rileggerle suscitano un ricordo sfocato.
Non sono le mie parole quelle che ho dentro e le mie non escono.
O forse non le ho prodotte.
Si è inceppato qualcosa davanti a certe immagini.
Ero preparata, chi non lo è negli anni 2000 a 50 anni? Impossibile che non si sappia cosa è stato, che non si siano mai visti le espressioni e le magrezze di quei corpi spossati.
Ma qui li ho visti morti: tutte le immagini di quello che non ho mai avuto la forza di vedere nei documentari sono appese ai muri. Uomini morti abbandonati in mezzo al piazzale, appesi, accatastati.
Ma abbiamo imparato davvero cose importanti da questo? O rimangono immagini al di fuori della nostra coscienza? Perché queste cose non hanno ancora mai finito di succedere. Siamo iperconnessi, ma distratti, non ce ne accorgiamo. Cosa dobbiamo ancora capire? Dove sta il buco nero da cui continua a uscire questa morte provocata, sistematicamente indotta, dove l'Altro non è niente? O meglio solo un punchball, una cavia, una macchina da lavoro?
Ho un buco nello stomaco. Un senso di vuoto, non ho sete non ho fame. Sono bloccata.
Mi viene voglia di pregare in silenzio, di stare zitta a invocare Dio. Voglio vedere il convento dove vivono le Carmelitane del sangue di Cristo. È qui dietro al limite del campo di concentramento, ma incluso nella struttura. Mi sa che c'hanno ragione loro. La vita eterna inizia qui in fondo ai gradini della vasca battesimale, nell'acqua della morte dove tutti questi Cristi si sono immersi nel sonno eterno. Gesù era in mezzo a loro, dormiva sullo stesso materasso, usava le stesse latrine, aveva la stessa fame, prendeva gli stessi calci, respirava lo stesso gas.